Dargen D'Amico

Testo Variazioni sul tema nostalgia istantanea Dargen D'Amico

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Variazioni sul tema nostalgia istantanea


Grazie, comunità ospedalizzate, pitalizzate, passami il mio accappatoio
e andiamo in corridoio, prendiamo l’aria a mani nude e poi domani muoio.
Forse ho visto la madonna
ma mi serve un testimone,
io vedo male, parlo peggio,
chiama un altro, “non ne vedo!”,
io non posso bolle l’acqua e manca il sale, è ballerino,
sale dobbiamo andare, vieni fuori dal mare che ti ammali,
“esco dopo!”, se mi cerchi sono al porto,
“ok arrivo!”, hai rotto il ghiaccio, intendo il Polo, “fatto male?”,
tanto vale che rompa il ghiaccio con dell’alcool,
te lo assaggio ancora un goccio,
vedo doppio, rossa e mora,
m’innamoro e soffro doppio, ma che belle,
so che siete, madre e figlia, ma sembrate due sorelle,
“no, noi siamo due gemelle, brutto pirla!”,
fammi male, fammi tutto,
fammi pace, fammi tuo,
dammi calci, dammi baci, fino a farmi pelle e fluo,
senza impegni si potrebbe fare una famiglia in tre,
amo parlare distesi e anche fare l’amore in piedi,
metà aprile al fontanile,
l’acqua è fredda, falle ciao,
si gentile, parla bene, le bugie non se le beve,
“che ti dice?”, “è ancora fredda”,
l’accarezzo, non mi ascolta,
senza gas temo il peggio,
non respira forse è morta,
chi fa i bu, chi nell’acqua, non pensa alle conseguenze,
tu risparmi dieci cent,
in Nigeria muore gente,
e buonanotte, “tu non dormi?”,
non ho sonno, leggo ancora, “lascio acceso”,
spegni pure! C’è il bagliore nucleare,
“non lo dire o vai in galera”,
e se lo penso?, “ci vai uguale”,
ho scritto t’amo sulla sabbia,
“hai fatto male, è vandalismo”,
c’è qualcuno sotto casa, “digli che mi vesto e scendo”,
vuol portarti in gattabuia, “metti qualcosa di caldo”,
sai non penso faccia freddo, so che dentro è sempre spento il riscaldamento,
tanto è denso il sovraffollamento,
“il surriscaldamento globale, è generato in parte,
dalle mani più sudate, e dalle galere patrie”,
metto in borsa l’antipioggia, “temi forse tetti rotti, pioggia dentro”,
no ma temo quando piango e penso a te,
“vacci piano con i pianti, o vorranno farti in tanti”,
non temere le legende, hai visto troppi film in tele,
“mi prendi la saponetta, che non mi posso chinare?”,
no però se vuoi lo shampoo, che ti lava bene uguale,
“bene, grazie, sai che faccio? Io calcio la saponetta,
non vorrei si scivolasse, si volasse giù per terra”,
sei gentile, “mi presento”, tu ti chiami, lui si chiama, ci chiamiamo tutti insieme,
ci vediamo all’ora d’aria,
e ci diciamo le paure,
e poi ci diamo delle cure,
e se me lo chiedi dolce ma dico dolce,
il culo prenditelo pure,
“una mano lava l’altra”,
ma non lavano abbastanza,
servirebbe un sindacato, in difesa dei carcerati,
è una truffa l’ora d’aria, è cinquanta minuti appena,
grazie a Dio è quasi sera,
maledetta la galera,
dura troppo, “troppo dura, non tanto per le rinunce,
ma perché siam sempre noi, sempre con le stesse funce,
l’ambiente sarebbe un po’ più allegro, con una pedana,
per ballare balli svelti, specie il fine settimana,
qualche visita più lunga, e un omino del gelato,
piedi nudi, e a terra prato, sintetico, riscaldato,
che bella giornata oggi, il sole pare rinnovato,
vieni, prendi quella sdraio, che ci riposiamo gli occhi”,
faccio niente tutto il giorno,
come posso avere sonno?
E poi comunque non c’è pace,
sono in gabbia anche nel sogno,
non dormire, non si dorme, come in nave, no, claustrofobia,
e chissà con chi sarà, mia moglie non sa stare sola,
“ non pensarci pensa ad altro,
neanche immagini lo spazio,
dentro al cranio mondi vuoti,
prendi il primo che ti piace,
riesce ad entrarci tutto ciò che è immaginabile da tutti,
tutti i fiumi, tutti i fiori, Lidl Richard, tutti i frutti,
il primo transatlantico,
in viaggio da Zena a New York,
speriamo resti a galla sciura,
perché di me non ti fidi, no,
ho un borsalino autentico,
che chiama il collo del paltò,
gli piace quella che non balla,
anch’io lo disprezzo il foxtrot,
mi dispiace dirle che si balla tutti in mezzo al mare mosso,
“sta ballando pure lei, ma fuori tempo, cambi il verso”,
una biglia scorre verso il fondo del mio corridoio,
senza salutare il bimbo, legittimo proprietario,
“l’ascia bianca è come un corridoio in mare,
come un molo infondo al quale,
questa notte il mondo resta nudo al buio”,
così non deve guardarsi, come se non si piacesse,
la storia ha il soffitto trasparente, ma,
non se ne esce,
chiudi gli occhi e pensa, non c’è limite all’immaginario,
e anche se ci fosse beh, sarebbe solo immaginario,
mi sveglio tra un’ora, dovrò prendere una decisione,
nah, svegliati in un altro sogno,
ogni cuscino è una nazione,
ripudia la lingua, prima cosa,
e non ci credere alle carte scritte,
i confini sono solo mari, monti e città miste,
“sciopero dei doganieri, vani documenti falsi,
strade vuote che si ferma il tempo quando non ci passi”,
fiori cadono suicidi, li rianimo con le mani,
o li seppellisco in potpourri, e collane floreali,
“quelli più leggeri lascio che li porta a spasso il vento,
spesso a stile libero ma anche a farfalla e a piacimento,
all’inizio piangi per i fiori, e poi ti specializzi,
devi seppellirli tutti, non c’è tempo per i capricci”,
poi vieni a riposarti nel paese che non ha negozi,
un popolo di pendolari, sa dare valore ai soldi,
“salve ho prenotato!”, ma questo non è un hotel,
“ah, forse il mio peggiore incubo, ha prenotato per me”,
ah si venga pure però faccia attenzione alle scale,
“ride, e aggiunge, è come in guerra qui, muore chi cade”,
e non cambi l’aria, la temperature è in equilibrio,
moriremmo tutti se spegnessi un solo candelabro,
“noi le abbiamo riservato un belvedere sulla storia,
mezzo sole, calma sacra, vedrà come si innamora”,
calma piatta tutto è chiuso, spalanco la cera lacca,
mi affaccio sul 400 e ascolto musica sacra,
“dieci note o infinite, non posso tenere il conto,
non è male l’altro mondo”,
con questa musica intorno,
con degli esseri di gesso, che siedono sulla storia,
“non li riconosci? Sono i mostri della paranoia,
che per spaventare i vivi, usano i corpi dei morti,
perché nulla terrorizza l’uomo, più dei suoi ricordi”,
si, timori e sentori dei senatori vivi,
sono tali e quali quelli dei senatori romani, non quelli di oggi, intendo quelli antichi,
e il mondo se ci pensi è soprattutto, sangue nella terra,
e basta cercare, scavare e trovi sempre da qualche parte un dopoguerra,
e gli anni sono tanti, che nemmeno sai più tenere il conto,
e pure a capodanno temi sempre, la fine del mondo,
anche se i miei peccati,
sono già derubricati,
come nazi, mai nati,
o comunque mai condannati,
mi ricordo che da piccolo,
mi spaventava il fatto, che le mele avessero degli adesivi colorati sulla scorza, ah, guarda
“a me spaventava quell’orso del nostro ortolano,
che ci stavo per intero, sotto l’ombra di una mano,
un’ombra monumentale, come vedersi arrivare,
mille alberi, un’eclissi, ma solare, ma totale”,
ehi, se sei vivo batti un colpo,
perché vedersi al buio sarà dura,
se sei bella, se sei brutta,
cambia nulla, è la natura,
se si possono infilare, le mani sotto le gonne,
come nella gallerie, ti ricordi le comitive delle scuole?
“Quello mi ha tastato il culo, la sai usare una pistola?”
La pistola no, però lo centro con la sacca a poche,
“non fare lo spiritoso, mi ha sfiorato, è un uomo morto”,
io sono d’accordo però, solo se prendi e te lo ammazzi tu,
e fu così che, dopo, dopo, dieci giorni di consegna a pane e acqua,
sole a scacchi, esco, poco male dico, tanto qui c’è solo nebbia,
sono l’ultimo obiettore, dell’esercito romano,
e twist again, come on baby, la my faya, scavalchiamo,
questo vallo di Adriano,
per farci l’amore sopra,
“ma sei matto, che vergogna”, son tutti morti non averne,
“in realtà, io non mi eccito se nessuno mi vede,
quanto sono vecchie tanto sono fredde queste pietre,
non ci sono abituata, a tutto questo prato verde”,
mi ricordo un prato verde,
dove calpestavo merde,
le scarpe le regalavo, come un condannato a morte,
“dove sono le tue scarpe?”, le ho perse andavo troppo forte,
“sei sommerso dalla folla, di ricordi senza nome”,
ah, scadono se non le tengo in testa, le persone,
non piangere, te lo prometto, mi ricorderò,
prometto che ti tengo al mondo,
se non riesci a farlo tu,
è tutto in questa mente, tranquilla non piangere, non preoccuparti,
Alice non piangere, e tingiti quei primi capelli bianchi,
“piango solo per provare,
perché vorrei imparare a ritirare su le lacrime,
quando ormai sono andate fuori da me per metà,
come a scuola con lo sputo,
sporgendomi viso e busto,
dalla tromba delle scale”,
stenditi sui miei fumetti, copertine, coperte, giacigli,
e dormici sopra Alice, che la notte ti porti coniglio,
“ma se dormo e non mi sveglio è inutile che me lo porti”,
anche io mi sogno, mi vedo in vignette piene di onomatopee,
sogno di uscire dalla mente, di Walt Disney, si, solo per,
infilarmi nella bui,
nei suoi angoli più bui.
Cara Margherita, sono solo un altro voltafaccia,
uno scherzo del destino, con due gambe e molte braccia,
negli spogliatoi, c’erano sempre quelli un po’ più maschi,
“con un’altra zampa tra le gambe come i maniscalchi”,
Margherita non ti avrei mai fatta così materiale,
sai, non in tutti cade uguale, l’incremento puberale,
“io ricordo quelli magri,
che erano sempre i più bravi,
e avevano gli armadi pieni, e grandi studi con i quadri,
quelli che facevano la rovesciata erano eroi”,
eh, io rovesciavo in doccia, dal nervoso ma resti tra noi,
eccoti le chiavi, portala allo chalet sui pini,
scaldale la faccia tra le cosce come due cuscini,
seni le cadranno un po’ più tardi stando un po’ più in alto,
“elisir di giovinezza, lasciarsi alle spalle il caldo”,
ricavare spada, ex campi di concentramento,
e bagni senza specchi, open space all’addiaccio o all’aperto,
e poi scrivi nord sulle pareti quando danno a sud,
resti giovane solo se perdi l’orientamento,
si, come l’America che però era l’India fino al quattrocento,
giovane è chi non ha ancora, punti di riferimento,
“non so son troppo vivo, per parlare di questo,
siamo qui per fare testo,
fare sesso, e farne un testo,
e poi sentire l’appetito muoversi dentro la pancia,
e parlare di emozioni ancora fresche di stampa,
sono presa per due anni,
tieni a posto quelle mani,
tu non sai niente di me, non li leggi i settimanali,
comincio a girare un film importantissimo domani,
e il regista il primo giorno, gira i primissimi piani,
cosa vuoi che sappia io di te se guardo da lontano?
Non distinguo un livido da un tatuaggio artigianale,
ma per riuscire a intrufolarmi, nel tuo mondo,
Margherita ti incatenerei a letto, come in manicomio,
e respirare caldo fino a spandere l’eternità,
darti il massimo ma, senza responsabilità”,
ok, ok finisce il discorso, io intanto vado che ho poco tempo,
e mi annoia questo tipo di sentimento, e oggi sei già al numero cento,
troppa fila per parlati, metto pausa, esco dal quadro,
Margherita dai il mio posto a qualcun altro, me ne vado,
se mi cerchi sto nella roulotte del trucco dietro il camion,
che ripeto il nome finché non so più come mi chiamo,
come quando penso forte al mare e sento che m’assento,
mi ritrovo in una vasca, viaggio per quindici giorni,
poi qualcuno mi picchietta,
sulla spalla e torno a terra,
ma non saprei dirti il giorno, l’anno e s’è fatta una certa,
io devo tornare nella buca, torno sui miei passi,
sulle punte, un’infinita rampa di scalini bassi,
il custode è un angelo, e avverte “l’ascensore è rotto!”,
per far prima puoi serenamente buttarti di sotto,
e buonanotte ai suonatori, e buongiorno ai panettieri,
un attimo prima è vero, un attimo dopo è ieri,
sento tutto, l’anestetico, freddo contemporaneo,
e mi ferisco il cuore introducendo qualche corpo estraneo,
è sogno ricorrente, di essere rincorso da critici musicali,
con il gusto dipendente dai titoli dei giornali,
la notte scorsa il ghiaccio ha ucciso Dio,
al parco di Trenno,
questa però la tagliamo, l’editore mi fa un cenno,
su una pagina pubblicità,sull’altra la notizia,
le accartoccio una sull’altra, almeno fanno amicizia,
le nuvole sono fissate al cielo con spille da balia,
dietro il telo un angelo, distratto tratta con la mafia,
ho i sensi di colpa, angelo dimmi che se gli uccido
tu li mandi dritti dritti tutti quanti in paradiso,
si, se non cambiate religione, e siate penitenti,
e le altre informazioni ve le danno direttamente al servizio clienti,
io cambio spesso religione che è più igenico,
ma in tutte sogno di sposarmi al centro di Vigevano,
ah, ti odio, ti sveglieresti tardi, e io uscirei pazza,
e con le lacrime, e con lo strascico, pulirei la piazza,
ma no, non arrivo tardi nel sogno, però,
i buttafuori non mi lasciano entrare al mio matrimonio,
i francesi a divorziare sono stati i primi al mondo,
già nell’ottocento avevano armadi col doppio fondo,
dentro l’abito da nozze, dietro quello da divorzio,
siamo animali sociali, e il matrimonio è un consorzio,
grazie per il discorso, e grazie per il divorzio,
faccio a ritroso il percorso,
e resto in vasca tutto il giorno,
spero poi mi salvi,
un nuovo scambio di sguardi, liquidi,
ah, mi piace lui, ed è subito vasi comunicanti,
i critici raccolgono i petali e li analizzano,
ma i petali rifiutano l’arte, e si nebulizzano,
ovunque sia, ovunque sei, fatti incontrare,
a me basta solo restare in religioso silenzio,
difronte al tuo bocciolo,
che viene arato dal ventilatore a intermittenza,
ogni quattro secondi, respiro un ciclo di vita intensa,
fuori dalla finestra altre intermittenze frecce,
riflesse sulle strisce pedonali ancora fresche,
piove, mi aveva promesso
che avrebbe smesso, forse ha smesso,
questa umidità viene dal mio sesso,
le stringo i fianchi e sento l’ordine del mondo,
ha un tatuaggio sullo stelo, e probabilmente è il mio ex voto,
le dico, essere un tuo ex, per me giuro sarebbe un sogno,
mi dice “sbrigati, o farai tardi al tuo matrimonio”,
Udio è già troppo tardi m’ammazza,
saranno già tutti in piazza,
Udio che ora è? “È già saltato tutto, bomba in piazza”,
il dramma è che tu ami, solo tua mamma,
“ma non è vero! Non la conosco! Non so chi sia, non so come si chiama, anche se mi chiama…” Mamma arrivo!

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