Kloer: ho imparato a sognare
Chiara Morelli, in arte Kloer, è una cantante e musicista, con esperienze anche nel mondo del musical. Nonostante la giovanissima età, è già da un pò che ha cominciato a scalare la montagna e ha diverse cose da raccontare. E ce le ha raccontate.
Ciao Kloer, benvenuta su Toptesti.it. Quando e come nasce la tua passione per la musica?
La musica è sempre stata parte di me tanto che, già a 10 anni, mi improvvisavo cantautrice e, anche se sembra molto comico, cercavo di scrivere testi in lingua inglese ma, non sapendolo ancora scrivere, vista l'età, finivo per inventarmi una nuova lingua. Per non parlare della mia passione per le maracas e tantissime altre percussioni: avevo una grandissima attrazione per gli strumenti musicali, soprattutto quelli molto strani o con origini antiche, come ad esempio il bastone della pioggia (ne avevo costruito uno) o il didgeridoo, entrambi di origini australiane e poco conosciuti. La mia passione per la musica si è estesa a partire dai 12 anni anche al canto come mezzo per raccontare, per descrivere un particolare momento, una sensazione, un fatto accaduto. Per questo motivo ho deciso di dedicarmi al musical, che era un mondo che mi attirava tantissimo. Ricordo ancora come guardavo con ammirazione i protagonisti dei musical in televisione! Il canto, insieme alla danza e la recitazione, rappresentavano per me il migliore mezzo per esprimermi e liberarmi, ed è proprio per questo che non ho mai abbandonato la musica. La musica a molti può sembrare meccanica e tecnica. In fondo si basa su pentagrammi riempiti di note diverse, segni e pause, ma in realtà è pura arte: nasce in modo astratto nella nostra mente e si trasforma in qualcosa di concreto in cui ritroviamo un pezzo di noi. Il bello della musica è che non la si fa solo per gli altri, ma anche per sé stessi. Il canto per me è sempre stato la voce della mia anima. Per questo motivo con gli anni ho deciso di dedicarmi esclusivamente a quello, mettendo da parte il musical che mi ha aiutata tantissimo su diversi aspetti: la presenza scenica e l'interpretazione dei brani. Se dovessi determinare il momento preciso in cui ho cominciato ad appassionarmi veramente alla musica direi che è stato quando è uscito al cinema "High School Musical" nel 2006: forse se quella volta mia mamma mi avesse portata a vedere "Il diavolo veste Prada", in proiezione nella sala accanto, magari oggi non saprei neanche fare un accordo con il pianoforte. Da quel momento posso dire di aver cominciato a sognare. Infatti mi ritengo una sognatrice a tutti gli effetti e ovviamente faccio di tutto pur di realizzare i miei obbiettivi. Penso che credendoci e lavorando duramente tutto sia possibile.
Ci racconti come hai scelto il tuo nome d'arte e che significato ha?
Mi chiamo Chiara Morelli ma, da quest'anno, ho deciso di scegliere un nome d'arte che rendesse la mia figura di artista più originale e unica. Quindi, dopo numerosissime ricerche, ho deciso di chiamarmi KLOER. La scelta di questo nome è stata assai faticosa anche perché, una volta scelto uno pseudonimo, non si può più tornare indietro e per convincermi ci ho messo quasi un anno. Ero partita con Cenere, Clara, avevo pure pensato di chiamarmi Myricae, come la raccolta di poesie di Pascoli, ma nessuno mi convinceva. Alcuni erano insensati, altri banali e in fondo mi dispiaceva abbandonare il mio nome. Così, per non cambiarlo drasticamente, ho tradotto in tutte le lingue il nome Chiara e, tra tutte le traduzioni mi ha colpito fin da subito Kloer (Chiara/o in lussemburghese). E' stata dura abituarsi a questo drastico cambiamento nei primi mesi ma ora sono convinta di aver fatto la scelta giusta e non ho nessun rimpianto.
Recentemente hai pubblicato il singolo "Tu Sei Chi Sei". Ce lo presenti?
"Tu Sei Chi Sei" è il mio ultimo singolo, un brano dalle sonorità moderne che può essere catalogato come pop elettronico. Il testo tratta uno degli argomenti a me più cari, ossia il "credere in se stessi" ed esprimere la propria essenza attraverso la propria arte. Questo concetto, che si basa sul resistere alle esperienze negative della vita e sull'accettazione dei propri limiti, si traduce nel brano attraverso metafore ed analogie che contribuiscono a creare una serie di immagini nella mente dell'ascoltatore, rendendo così il messaggio ancora più immediato e personale. Il brano si presenta come una denuncia all'uso delle "maschere" ed un invito ad essere le persone che si è veramente nel profondo, senza ritocchi, senza velature e senza finzioni. Il risultato è un brano energico, piacevole all'orecchio e che fa riflettere: "tu sei chi sei, non è che tu sei chi tu non sei", ossia: non provare ad essere ciò che tu non sei.
Circa un anno fa, invece, è uscito il tuo primo singolo, "L'Alba Di Un Anno Fa", del quale riporto una tua descrizione: "parla di un giovane che si trova ad un bivio tra un amore e vivere l'esistenza in modo pieno, come ogni momento fosse l'ultimo". Per te le due cose sono assolutamente inconciliabili oppure è possibile pensare di portarle avanti insieme?
Sono convinta che a volte l'innamorarsi spenga momentaneamente le persone. Spesso si cessa di sognare e lottare per i propri obbiettivi perché l'amore dà un senso di felicità, sicurezza e soprattutto certezze che il mondo della musica e di tanti altri campi non possono dare. Infatti si vive in perenne "corsa ai sogni". Il protagonista del mio singolo "L'Alba Di Un Anno Fa" sceglie di vivere liberamente, di dedicarsi completamente a ciò che lo circonda lasciando da parte l'amore per pensare a sé e ai suoi obbiettivi. Molte persone, compresa io stessa, decidono di intraprendere questa strada per questioni di priorità. Al primo posto per me ora c'è la musica e con la scusa che sono giovane ed ho tantissime idee e progetti che mi passano per la testa, ogni giorno ho scelto di "innamorarmi della vita". Tornando alla domanda, credo che l'amore sia assolutamente conciliabile con il vivere appieno l'esistenza. Anzi, a volte può sconvolgerci la vita in modo positivo, ma dipende tutto dal tipo di relazione. L'amore è bello quando non ci sono freni o ostacoli, quando si sogna insieme e ci si supporta senza sminuire nessuno.
Hai partecipato a diversi musical. Il musical richiede preparazione non solo nel canto, ma anche nel ballo e nella recitazione. Quanto è duro il lavoro necessario a portare in scena uno spettacolo simile?
Il musical è molto più complicato di quanto possa sembrare. Mettere insieme tre discipline diverse richiede una solida preparazione e tanti sacrifici, ma le soddisfazioni alla fine sono veramente tante. La difficoltà sta nell'essere concentrati dall'inizio alla fine. Anche perché non si tratta solo di intonare le note dei pezzi ad un pubblico, ma di cantarli, molto spesso ballando e interpretando ciò che si dice. In più i cambi di scena sono spesso veloci. Dunque bisogna essere rapidi nel cambiarsi gli abiti e molte volte, nel caso in cui il cast sia composto da poche persone, si è costretti ad interpretare più ruoli in un solo spettacolo: una vera e propria maratona! Dietro ad uno spettacolo ci sono ore ed ore di studio singolo e collettivo e tantissime prove ma, una volta terminato il lavoro, vedere come fruttano le fatiche è magnifico. Il musical è duro, ma è anche divertente. Si condivide la scena con altri performer, si crea un gruppo solido e unito e soprattutto si cresce come artisti. Senza il musical di certo oggi avrei paura di cantare in pubblico oppure non darei un'interpretazione personale a ciò che canto.
Molti grandi artisti, strano a dirsi, hanno sempre avuto "paura del palco": De Andrè, prima delle esibizioni, era solito bere qualche bicchiere per sciogliersi; Vasco Rossi, se non fosse stato per l'insistenza di Gaetano Curreri, avrebbe fatto il dj a vita; Mina aveva il terrore di inciampare o dimenticare le parole. Tu hai questo tipo di timore e, se si, come lo affronti?
Il palco non mi ha mai fatto paura. L'ho sempre visto come un luogo in cui si ha finalmente l'occasione di mostrare il proprio talento e liberarsi. Mi è capitato spesso di sbagliare parole di testi di fronte a tante persone, dimenticare melodie, stonare o peggio ancora fare figuracce. Ma alla fine sbagliare è umano e spesso e volentieri ho riso di me stessa e sono andata avanti con le mie performance: "The show must go on", dicevano i Queen nel loro brano. D'altro canto, quando mi esibisco ho una piccola paura: parlare. Ho sempre il timore di sbagliare qualche termine o qualche verbo di fronte ad un pubblico oppure di dire qualcosa di inopportuno o errato tra una canzone e l'altra. Infatti tendo sempre a parlare il meno possibile e a lasciar parlare la musica e la voce. Per sconfiggere questa paura molto spesso mi preparo prima i discorsi e me li scrivo di fianco ai testi delle canzoni oppure mi faccio una scaletta a punti sulla mano con parole chiave.
C'è una persona che, più di altre, è stata determinante nella tua crescita artistica fino ad ora?
Il percorso di un artista dipende dall'artista stesso, dalle scelte che prende e l'impegno che ci mette in quello che fa, ma a volte questo non basta. Nel mio caso ci sono stati tanti momenti difficili in cui sarebbe stato molto più facile lasciar perdere piuttosto che insistere. Però c'è sempre stato chi ha creduto in me e mi ha spinta a dare il massimo senza mai lasciare la presa, come ad esempio Francesca Fusato, che ho conosciuto presso la mia Accademia Musicale, mia sorella, che mi ha sempre saputo dare consigli utili e onesti, e mia madre. Coloro che ti spronano a dare il meglio sono anche le persone che criticano, giudicano e dicono che fallirai nel tuo progetto. Ringrazio molto anche loro perché hanno alimentato le mie ambizioni e mi hanno dato ancora più carica di quella che avevo.
Quando un artista, soprattutto non ancora affermato, propone a produttori e discografici il proprio progetto, la possibilità che questi "suggeriscano" modifiche anche profonde è concreto, col rischio di snaturare il lavoro nella sua essenza. Tu cosa ne pensi?
Affermarsi nel mondo della musica partendo da zero, senza agganci o raccomandazioni, con figure già importanti, è davvero difficile ed impegnativo: è un mercato sordo che ascolta solo chi vuole e chi è già ben affermato, quando in realtà nel panorama italiano ci sono tantissimi artisti sottovalutati e abbandonati alla loro musica. Credo che bisognerebbe aprire gli occhi e valutare gli artisti per quello che fanno e non per come sono in apparenza, come si presentano o quanti followers hanno su instagram. Attualmente molti artisti vengono "modificati" a piacimento per renderli idonei al mercato italiano e penso sia qualcosa di veramente triste perché la spontaneità è essenziale in un cantante e in tutti gli artisti, e in fondo la personalità poco conta per le persone che veramente amano la musica.
Quando e dove è possibile ascoltarti dal vivo nel prossimo futuro?
Quest'estate ho in programma diversi live nella mia zona (in Veneto) sia acustici che con band jazz, rock e pop. Per restare sempre aggiornati riguardo alle date dei miei concerti basta seguirmi su instagram (@itskloer) o sulla mia pagina facebook (Kloermusic).
Temistocle Marasco
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