Alex Cambise: finalmente a casa
Alex Cambise è cantautore, produttore e arrangiatore, polistrumentista e insegnante di musica. Alex suona da oltre 25 anni e ha collaborato a vario titolo con Ligabue, Elio E Le Storie Tese, Pino Scotto, Massimo Priviero, Marco Ferradini, Tullio De Piscopo e tanti altri. Giunto al suo terzo album, "Finally Home", lo abbiamo intervistato.
Ciao Alex, benvenuto su Toptesti.it. Nel 2016 è uscito il tuo terzo album "Finally Home". Ce ne vuoi parlare?
Dopo "l'Umana Resistenza" sentivo che un percorso era stato fatto e che l'aria attorno alle mie dita stava cambiando. Era già dal tour di supporto al disco che avevo ricominciato ad inserire del blues nelle mie scalette, avevo di nuovo voglia di quella musica che suonavo a 15 anni. La prova definitiva l'ho avuta quando ho iniziato a scrivere materiale per il cd successivo: tutto quello che mi veniva fuori erano riffs e melodie blues. Ormai era tutto chiaro nella mia testa e mi sono lasciato andare. Da tutto questo è nato "Finally Home", un album di rock/blues energico e sentito, un vero bagno purificatore nella fontana dell'eterna giovinezza. Al momento dubito fortemente di tornare ad incidere album come quelli che lo hanno preceduto.
L'elemento che salta agli occhi, rispetto ai primi due lavori, è che "Finally Home" è interamente in inglese. Dipende dal desiderio di aprirsi maggiormente al mercato estero, più votato al rock e al blues?
Quando ho deciso che il mio nuovo corso sarebbe stato il blues, non ho avuto dubbi sul fatto che dovesse essere scritto in inglese. Inutile negarlo, in questa maniera ho avuto tutta l'Europa con cui misurarmi (e non solo). Anche perché un vero mercato per il blues in Italia non esiste. Grazie all'idioma inglese ho raggiunto molto più pubblico e ho avuto attenzioni da parte degli addetti ai lavori che altrimenti non avrei mai ottenuto: infatti l'album ha avuto molte attenzioni in Olanda, Francia, Svezia, Germania, Belgio e anche qualche contatto in Australia ed Usa. Ah! Mi hanno detto anche che alcune songs sono state in "heavy rotation" anche in una importante radio rock del Costarica!
Nei primi due lavori hai toccato, tra i vari temi, anche vicende particolarmente dolorose, come il Vajont e Chernobyl. Quali sono le tematiche affrontate in "Finally Home"? Anche in questo disco ci sono dei rimandi ad accadimenti rimasti nella memoria collettiva o a tematiche sociali?
Dal punto di vista delle tematiche, "Finally Home" è stato studiato per non essere "denso" come gli altri due: scegliendo l'inglese ho cercato di non fare il "piccolo Dylan", almeno per questo album. Avrei potuto essere molto più complesso come temi e svolgimenti, anche grazie all'aiuto ai testi di Paolo Siconolfi, fonico e ottimo conoscitore della lingua inglese, e di Edward Abbiati, vocalist dei "Lowlands", di madre lingua, ma ho scelto di essere "basic" per un semplice fatto: volevo che l'album arrivasse in Europa, ma sapevo che la lingua inglese in realtà si parla correntemente solo in U.K. Quindi volevo frasi che potessero essere capite anche da un tedesco, un polacco, un francese, un norvegese e così via. Questo non vuol dire che il disco sia scevro da tematiche interessanti: "Nine Lives", per esempio, parla di donne che nella vita hanno puntato tutto sulla bellezza per poi trovarsi perse quando essa è sottoposta ai rigori del tempo e della logica; oppure "Boulder", un gospel che vuole descrivere gli ultimi pensieri di una persona (in questo caso mio padre) che sta per confrontarsi con l'infinito.
Perché in Italia il rock e il blues attirano così poco?
Perché non abbiamo nessun tipo di cultura musicale. Ma ci pensi? La musica, come la conosciamo oggi, è praticamente nata in Italia. E a noi non frega niente. Nelle scuole fanno odiare la musica nei primi 2 mesi, dopodichè il resto è sofferenza. I media non propongono nulla se non i talent. In radio, in tutte le radio, senti sempre le stesse 20/30 canzoni che nessuno comprerà, ma che tutti scaricheranno (gratis). Ed ecco che il mercato è morto, e quindi i generi di nicchia sono spazzati via. Gli appassionati sono sempre meno per ovvie ragioni temporali e dietro di loro mancano nuove schiere di ascoltatori. Questo ovviamente si traduce in locali vuoti (che quindi chiudono) e totale mancanza di possibilità di supportare un album con serate che dovrebbero aiutare a creare e cementare un'audience e a vendere cd.
In una intervista hai detto che il tuo particolare inquadramento artistico alle volte ti ha un pò "penalizzato": troppo poco rock per i festival e locali rock, ma troppo rock per il mondo cantautorale; troppo poco blues per gli eventi organizzati per gli integralisti del genere. Quindi, un elemento che rende ancor più ardua l'umana resistenza?
Diciamo che, letto a posteriori, questa è una ragione ulteriore per avere deciso di buttarmi in questa nuova avventura. Ero stufo di vivere nella terra di nessuno, molto interessante artisticamente, ma parco di soddisfazioni. Quando ho sentito forte l'impulso di dedicarmi di nuovo al blues, ho assecondato di buona lena questa novità, anche se la voglia di contaminare non mi è passata. Infatti il nuovo album è blues, ma con pesanti iniezioni di rock e gospel. Speriamo che non si cominci a dire che il disco è troppo rock o poco blues o entrambi.
Hai collaborato e collabori con tanti artisti importanti. Qual è quello a cui sei maggiormente legato e perché?
Non posso non citare Massimo Priviero, anche solo per il fatto che lavoro con lui da ormai 16 anni, condividendo dischi, concerti, tour, avventure e canzoni. Tante esperienze divertenti e formative, tantissime! Impossibile cercare di condensare tutto in poche righe!
Sanremo è alle porte. Qual è il tuo pensiero sul festival e che valenza gli attribuisci nell'ambito della musica italiana?
L'importanza di Sanremo nella musica italiana è zero al cubo, ma questo credo sia ormai sotto gli occhi di tutti. Sanremo non serve più a niente da tempo, non aiuta a vendere dischi! Sanremo serve solo a fare una settimana di show, dove si parlerà del vestito del conduttore, della gaffe della valletta o dei capricci di qualche ospite. Delle canzoni non si parlerà mai, se non per indicare il vincitore (che comunque non vincerà niente, se non qualche data in più nelle piazze l'estate successiva). Stop! Dopo due giorni si ritorna da dove si è partiti e se ne riparla l'anno prossimo. Bah!
Temistocle Marasco
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