
Cosa sono e a cosa servono gli auricolari che usano i musicisti?
Dopo aver randellato per bene i fiori di Sanremo, Blanco ha ammesso: "non mi sentivo in cuffia". Così è montata la curiosità di capire cosa siano gli auricolari che usano gli artisti durante le perfomance e perché sono diventati così importanti.
Questi supporti che vediamo occupare le orecchie dei musicisti si chiamano "in ear monitor" o auricolari spia e nascono per consentire di isolare nelle orecchie alcuni suoni, garantendo performance migliori.
Durante i concerti in genere c'è un gran baccano dovuto al pubblico e ad altri fattori. Non è semplice per chi è sul palco "sentirsi" o sentire i propri colleghi. Con gli "in ear monitor" si può scegliere di ascoltare il solo suono del proprio strumento, la voce del cantante, il suono di tutti o di alcuni strumenti.
Quando tutto intorno è un frastuono infernale, l'artista con gli auricolari può creare la situazione di ascolto ideale per rendere al meglio durante i live. Gli auricolari spia hanno sostituito le "casse spia", degli amplificatori che svolgevano la stessa funzione, ma in modo molto meno pratico e pulito. La loro nascita si attesta intorno al 1995, grazie a una intuizione di Jerry Harvey, tecnico del suono dei Van Halen. Harvey aveva ben presente che le casse spia, grosse e assordanti com'erano, rappresentavano un limite più che una risorsa. Così mise a punto un prototipo di auricolari spia. La cavia sarebbe stata Alex Van Halen, batterista della band.
La differenza di confort fu netta fin dalle prime uscite. Tanto è vero che ben presto anche gli Skid Row, gruppo spalla dei Van Halen in quel tour, chiesero di poterli provare: "Fu solo quando gli Skid Row mi chiesero se potevo costruire lo stesso sistema che avevo realizzato per Alex che realizzai che nel business dei musicisti di professione c'era spazio per questo prodotto", ha ricordato Harvey in un'intervista.
Così nel giro di cinque anni gli in ear monitor erano già utilizzati dai Rolling Stones, dai Red Hot Chilli Peppers e tanti altri. Harvey avviò la produzione seriale dei suoi in ear monitor prima con l'azienda Ultimate Ears e poi con la JH Audio.
Oggi è raro vedere qualche musicista senza i preziosi auricolari ed è molto facile capire quando qualcosa non va: se sul palco un protagonista comincia ad armeggiare vicino al proprio orecchio, è probabile che la performance non sarà impeccabile.
Gli in era monitor hanno reso la vita molto più semplice, ma hanno anche creato una sorta di dipendenza e aumentato l'ansia da prestazione. E se non dovessero funzionare? Provate a chiederlo ai cantanti di una volta, che dentro alle orecchie non hanno mai messo nulla.
Temistocle Marasco
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