Intervista: State Liquor Store, ubriacarsi di musica
In provincia di Asti, tra il fermento e la fermentazione, in genere a spuntarla è la seconda. In controtendenza allo strapotere delle uve Moscato bianco, oggi parliamo di inquietudine artistica, rinnovamento e progetti in musica che abitano lì. Parliamo, più nello specifico, degli State Liquor Store con il suo leader Luca Garrone, la sua chitarra e il suo baffo micidiale.
Ciao Luca, benvenuto su Toptesti. Che cos'è e come nasce State Liquor Store?
Potrei rispondere citando la bio presente sul nostro sito (www.stateliquorstore.it), ma più semplicemente State Liquor Store è il luogo in cui coesistono i nostri racconti in musica di amore, morte, vita. La line up, nonostante i suoi avvicendamenti, è sempre stata composta da musicisti e amici provenienti da esperienze musicali differenti. Alcuni di noi hanno progetti paralleli tuttora in corso. Ritengo che questa eterogeneità di gusti e studi (anche accademici) sia la vera forza del gruppo, che può così far confluire stili, idee e punti di vista originali soprattutto in fase di arrangiamento e in sede live (al momento infatti mi occupo io della composizione dei brani e della stesura dei testi).
Da dove deriva il nome State Liquor Store?
Battezzare progetti nuovi con nomi ad hoc, per quel che mi riguarda, è sempre stato complicato. State Liquor Store non ha fatto eccezione. Quando io e Gian Marco (Rebaudengo, il nostro primo batterista) abbiamo deciso di dare vita al gruppo, abbiamo spremuto i nostri due neuroni il più possibile nel tentativo di produrre un nome che ne definisse la sostanza. E che possibilmente suonasse anche particolare e inusuale. Un mattino Gian Marco mi manda via mail una foto di uno store di alcolici che sembra uscito dal deserto del Mojave. L'insegna recava la scritta State Liquor Store. Ignoro se fosse reale o un fake, ma a quel punto gli ho risposto: "E se fosse proprio questo il nostro nome?". È piaciuto subito a entrambi, oltre a "suonare" bene si prestava anche a giochi di grafica e acronimi (SLS) per loghi, locandine o semplice comodità. E poi, cosa più importante, suggeriva il concetto di un grande contenitore. Un contenitore di liquori, nello specifico (personalmente sono un amante del whiskey), in cui potersi aggirare con curiosità, spulciare tra etichette più o meno ricercate e scegliere quella da degustare con tutta la calma del caso, magari in compagnia di un caro e vecchio amico con cui non ci si vede da tempo. Un pò come vorremmo che facesse chi si avvicina alla nostra musica.
Qual è il percorso che vi ha portato a questo tipo di proposta musicale?
Credo l'insieme di tutte le nostre esperienze. L'idea iniziale era di creare un progetto molto genuino, basato per lo più su direttive "acustiche" e con una spiccata tendenza al folk. Col tempo, tuttavia, e come penso sia sempre augurabile per evitare fossilizzazioni dannose, le cose hanno seguito il proprio corso e ogni musicista che si è aggiunto al gruppo ha contribuito ad arricchirne suono e identità. Siamo la somma dei nostri gusti e dei nostri percorsi individuali.
Manca poco all'uscita del vostro album. Ce ne vuoi parlare?
Fungerà da punto della situazione su State Liquor Store. All'atto pratico è il primo full length album che pubblichiamo, ma tutti i brani che vi saranno contenuti fanno da tempo parte del nostro repertorio live (alcuni anche del nostro primo EP omonimo). Il disco doveva infatti uscire lo scorso anno, ma avvicendamenti nella line-up e problemi logistici di varia natura (distanze geografiche, per lo più) ci hanno costretto a dilatare i tempi. Stiamo lavorando in studio insieme ad Alberto Pozzo Tebani, ex componente dei Cockoo e produttore giovane e di talento che ha contribuito al successo di artisti emergenti come Chiara Dello Iacovo e Andrea Cerrato. L'album, salvo modifiche dell'ultimo minuto, dovrebbe ospitare nove brani autografi che coprono un arco compositivo temporale di un paio di anni. Negli ultimi tempi abbiamo messo in repertorio nuove canzoni che però credo finiranno sul prossimo disco, insieme ad altre che abbiamo escluso da questo. L'obiettivo è di pubblicare per fine estate, titolo e idee per packaging e grafiche ci sono già ma non anticipiamo nulla. Approfitto della domanda per citare e ringraziare i ragazzi del gruppo che hanno lavorato e stanno lavorando all'album o che fanno semplicemente parte del progetto State Liquor Store: mio fratello Matteo Garrone (basso), Federico Nicola (chitarre), Michele Cocciardo (batteria e percussioni) e Matteo Grasso (il nostro batterista live che a causa di impegni concomitanti non ha potuto prendere parte alle session di registrazione ma che è sempre presente per la band).
Qual è una band per la quale aprireste volentieri il concerto?
Tante. Nel mondo dell'irrealtà dico Kinks, Crosby Stills & Nash, Love, Beatles, The Byrds, Bob Dylan, Nick Drake, Chris Cornell, David Bowie. In quello della quasi-impossibilità, uno (o più!) a scelta tra The Tallest Man On Earth, Paul Weller, Noel Gallagher, Steven Wilson, Fleet Foxes, I Am Kloot. Credo di averne comunque dimenticati un miliardo e non aver nemmeno risposto alla domanda.
Quali sono le cose più importanti che deve fare una band emergente per avere successo?
Dipende da cosa si intende per successo. In base alla mia esperienza e a quella di colleghi/amici più o meno conosciuti che gravitano nell'ambiente, direi che per emergere serve un bel mix di talento nello scrivere buone canzoni, abnegazione, gavetta, esperienza sul palco e, ovviamente, la fortuna (o la bravura) di intercettare persone e situazioni ideali a diffondere la propria proposta artistica. Il successo, così come lo concepisco io, è svincolato dai parametri economici. Riguarda soprattutto il desiderio di poter far ascoltare a più gente possibile la musica degli State Liquor Store e, di conseguenza, portarla sui palchi di Paesi diversi.
Come giudichi il mercato discografico italiano?
Il mondo musicale contemporaneo, e l'Italia non fa eccezione, è un vero casino. È stato stravolto dalle esigenze di un mercato che difficilmente riesce a proporre artisti di valore puro e non scelti per capricci estetici passeggeri. Tv e network vari (radio, web e via dicendo) non hanno fatto altro che ingigantire il problema riuscendo nel difficile compito di fare in modo che i principali fruitori di prodotti musicali smettessero di andare alla ricerca della qualità, accontentandosi passivamente di quel che veniva proposto loro. Penso che questo sia anche dovuto a fattori culturali, come al fatto che nel nostro Paese le realtà deputate al compito di educare abbiano più o meno intenzionalmente rinunciato a formare ascoltatori consapevoli, capaci di discernere tra contenuti di qualità e idoli di rapido consumo. L'educazione musicale è ormai una pratica alla quale i giovani (e non solo) devono provvedere con le proprie forze imparando a cercare il buono in quello che sta diventando sempre più un vero e proprio ginepraio di offerte di dubbio valore. Sotto la superficie (intesa come spazio dove dominano, giustamente o meno, i nomi storici, le next big thing, le sensazioni del momento, i prodotti da classifica o quelli "indie" di tendenza) si trovano tuttavia esempi di autori/compositori che sono riusciti a scavare la propria nicchia conquistando con merito i favori dei musicofili più esigenti o più attenti. È una dura ricerca, soprattutto se la si deve affrontare in giovane età e senza l'aiuto di una guida, ma non è impossibile: oggi ci sono risorse immense come Spotify, che quando il sottoscritto era adolescente ancora non esistevano. Detto questo, giusto per contraddire quanto detto fino ad ora, resta valido il caro e vecchio motto: ognuno ascolti quel che più gli piace.
Temistocle Marasco
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